Carol

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©MissBelivetQuirks (Behind-the-Scenes photo montage)

Una, Carol, è alta e bionda, dal fisico statuario nasce una voce profonda. Carol è molto ricca e dai modi eleganti.
L'altra, Therèse, è piccola e mora, un fuscello dall'esile voce e dalla vita non agiata. Le differenze fisiche tra le due protagoniste saltano all'occhio sin dalle prime inquadrature del bellissimo Carol, l'ultima opera del regista americano Todd Haynes.

Sono pochi i film in cui forma e contenuto si sposano così felicemente come in
Carol, storia d'amore tra due donne ambientata nella New York degli anni '50. Un film in cui tornano i temi cardine del cinema di Haynes a cominciare dalle tensioni che nascono all'interno dei gruppi familiari, drammi esistenziali nascosti da un'apparenza di falsa armonia e serenità. La maternità in modo particolare è un tema su cui spesso il cinema di Haynes ha puntato i riflettori, sottolineando le difficoltà e le paure che accompagnano la donna in questa condizione. La maternità è la gioia primaria di molte donne dei suoi film, ma diventa repentinamente la fonte del dramma, motivo di contesa e di angoscia. È quanto accadeva in Mildred Pierce, mini-serie TV diretta da Haynes, nella quale la protagonista Mildred soffriva da un lato il dolore lacerante causato dalla morte della figlia più piccola e dall'altro viveva un eterno conflitto con la figlia più grande, Veda, personaggio dai lati quasi demoniaci certamente tra i più crudeli di tutto il cinema di Haynes. Al contrario, in Carol il rapporto tra la co-protagonista e sua figlia non potrebbe essere più affettuoso eppure anche in questo film la chimera di una maternità vissuta appieno verrà interrotta bruscamente.

Ma più di ogni altra cosa
Carol racconta la storia di un amore impossibile, reso tale dai limiti imposti da una società che ancora non è pronta al cambiamento. Carol sta al ventesimo secolo come L'età dell'innocenza sta all’ottocento, condividendo col film di Scorsese anche l'ambientazione newyorchese. Come già avveniva in Far from Heaven (2001), anche in Carol gli anni '50 non fungono semplicemente da ambientazione storica, ma diventano metafora per parlare del presente. L'America della prima metà del '900 (in Mildred Pierce si trattava degli anni '30) diventa con Todd Haynes un vero e proprio genere cinematografico, le ipocrisie di quella società diventano la lente attraverso cui il regista racconta quelle di oggi.

La grande forza del film, la sua grande capacità di coinvolgimento, è dovuta anche all'interpretazione delle due protagoniste, Cate Blanchett e Rooney Mara (quest'ultima premiata a Cannes come miglior interprete femminile). Al di là della singola interpretazione, ciò che più sorprende è l'alchimia tra le due attrici, l'armonia che si crea quando entrambe sono sullo schermo, anche nelle scene più intime interpretate sempre con ammirevole naturalezza. Cate Blanchett trasmette la forza e la decisione di una donna che certamente fu fragile, ma che ora sa benissimo cosa vuole, mentre Rooney Mara è Therése, una ragazza che ha proprio nell'incapacità di prendere una decisione la sua massima debolezza. Uno delle qualità del film è quella di mostrare il cambiamento dei suoi personaggi, la loro credibile evoluzione che passa anche attraverso momenti traumatici e dure prese di posizione.

Haynes è attratto dal melodramma ma lo sa usare con grande cautela, agendo per sottrazione e senza mai enfatizzare i momenti più tragici, riuscendo paradossalmente a coinvolgere ancora di più.
Carol è in fondo un film dal messaggio positivo di un autore che mostra di credere nella possibilità di cambiamento, un'ottimismo coraggioso che non è certo di moda nel cinema d'autore di oggi, soprattutto in quello americano. Cinema degli opposti quello di Haynes, fatto di donne concrete eppur sognatrici, forti e debolissime, che agiscono sempre perché guidate dai sentimenti e non possono scendere a compromessi. Rappresentano la rivincita dell'individuo sulla società.
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