Mia madre

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Invitato in concorso al prossimo Festival di Cannes,
Mia madre è il nuovo film di Nanni Moretti, uscito nelle sale italiane giovedì 16 aprile.

Racconta la vita di Margherita (Margherita Buy) regista alle prese con un periodo particolarmente delicato della propria vita, divisa tra i set del film che sta girando e l'ospedale in cui è ricoverata l'anziana madre malata.

Film intimista e più che mai autobiografico,
Mia madre è un'opera incentrata su uno dei temi cardine della filmografia di Nanni Moretti, ovvero il sentimento umano di disagio che attanaglia da sempre molti suoi personaggi. Un sentimento di inadeguatezza che era già al centro del precedente Habemus Papam (2011) e che qui è incarnato nella figura di Margherita, vero e proprio alter-ego del regista. Margherita tende a relazionarsi con gli altri individui in modo cauto e razionale, fatica a comunicare le proprie emozioni rivelando un certo disagio anche nei rapporti più intimi. La regia sottolinea questo lato della sua personalità attraverso alcune sequenze chiave tra cui quella in cui Margherita, seduta a fianco della madre in ospedale, osserva con stupore e celata invidia la naturalezza con cui una figlia accarezza la mano della madre malata, seduta a poca distanza da loro. Il disagio di cui parla Nanni Moretti sembra appartenere all'intellettuale ed è innanzitutto fisico, è prima di tutto un'insanabile distanza tra i corpi. Una sensazione che i personaggi di Mia madre vivono anche con riferimento alla propria professione di registi ("Il regista è uno stronzo a cui permettete tutto!" grida indignata Margherita alla sua troupe) o di attori ("È tutta la vita che fingo", afferma in un momento di crisi Barry Huggins, attore americano interpretato da John Turturro: "I want to go back to reality!").

Mia madre è un film in cui prevalgono le atmosfere malinconiche, sottolineate anche dalla colonna sonora in cui, nella scena della coda per entrare al cinema Capranichetta, trova spazio la struggente Famous Blue Raincoat di Leonard Cohen. Malinconie interrotte da lampi di vitalità affidati per lo più al personaggio di Ada (Giulia Lazzarini), la madre di Margherita che, nonostante la debolezza fisica, non rinuncia ad insegnare il latino alla giovane nipote (Beatrice Mancini, straordinaria per naturalezza e espressività). Non manca al film una certa dose di comicità, concentrata nelle scene dedicate al personaggio di Barry Huggins che, grazie a un’esilarante interpretazione di John Turturro, regala anche straordinari momenti comici.

Il rapporto madre-figlio, già affrontato da Moretti in opere precedenti ("
Non voglio liberarmi dal complesso di Edipo!", gridava Michele Apicella in Sogni d'oro), è qui trattato con sorprendente umanità e il dolore è messo in scena col pudore che è tipico del regista. Il tema del lutto si intreccia con altri temi ricorrenti nel cinema di Moretti come l'antico fastidio per l'uso improprio della lingua italiana, urlato tanto tempo fa al grido di "Le parole sono importanti!" con cui Michele Apicella aggrediva una colpevole ancorché inconsapevole vittima del linguaggio televisivo. Quasi trent'anni dopo, una sconsolata Margherita Buy afferma di "non sopportare la retorica" alla vista dell'ennesimo striscione appeso al muro. E mentre Ada e il figlio Giovanni passano il tempo discorrendo anacronisticamente di analisi logica, la lingua italiana assume forme inattese per rinascere in una versione stentata eppur appassionata del Barry Huggins di Turturro.

Il personaggio di Giovanni, interpretato da Moretti, può apparire secondario solo in apparenza: in realtà consente allo spettatore di distogliere per un attimo l'attenzione dalle vicende della sorella Margherita e offre un punto di vista più distaccato sulla storia, rendendola meno lineare e meno prevedibile. Moretti interpreta il suo personaggio con la distanza che è tipica delle sue prove d'attore e in questo modo limita volontariamente l'immedesimazione dello spettatore che, fino alla fine del film, non può esimersi dal separare la figura di Giovanni da quella di chi lo interpreta. Si tratta dello stesso approccio alla recitazione che la regista Margherita pretende dai suoi attori quando chiede loro di recitare "a lato del personaggio", citando così una frase tipica di Nanni Moretti.

Rompi almeno un tuo schema, uno su duecento" dice Nanni Moretti a Margherita, cioè a se stesso. Intanto alle sue spalle prende forma la lunga, chilometrica coda per entrare al cinema. È solo un altro sogno di un personaggio e di un autore che ha voluto raccontare una volta di più il suo invincibile disagio per il reale.

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